Da qualche tempo un nuovo termine è sulla bocca di tutti: “fake news” ovvero “notizie false”. Se ne leggono a centinaia ogni giorno e il web è una costante fornace di contenuti inventati. Ma quando è nata questa tendenza? Come si riconoscono? E come ci si difende?
Il termine inglese fake news indica articoli redatti con informazioni inventate, ingannevoli o distorte, resi pubblici con il deliberato intento di disinformare o diffondere bufale attraverso i mezzi di informazione. Tradizionalmente a veicolare le fake news sono i grandi media, ovvero le televisioni e le più importanti testate giornalistiche. Tuttavia con l’avvento di Internet, soprattutto con la condivisione dei media sociali, è aumentata esponenzialmente anche la diffusione di notizie false. Negli ultimi mesi l’espressione “fake news” è stata utilizzata per indicare fenomeni molto diversi tra loro: errori di stampa, bufale, teorie complottiste, concetti satirici utilizzati impropriamente come fonti giornalistiche, la diffusione di notizie non verificate, la propaganda politica, le informazioni false lanciate da siti messi on-line per generare profitti da click-baiting.
Ma da dove è partito tutto?
Uno degli esempi più famosi di fake news risale al 1814, in pieno periodo napoleonico. Un uomo, vestito da ufficiale, si presentò in una locanda a Dover e dichiarò la sconfitta e la conseguente morte di Napoleone, probabilmente il personaggio più carismatico di quel momento storico. La notizia in pochissimo tempo arrivò a Londra, con la conseguenza che all’apertura della Borsa molti azionisti si precipitarono a investire convinti del fatto che Napoleone fosse ormai defunto, lasciando così il trono ai Borbone. Molto presto si scoprì però che era stato tutto frutto di una menzogna elaborata per ragioni politiche. Nel frattempo però, alcune persone avevano già venduto i propri titoli governativi per milioni di sterline, e naturalmente i ritenuti colpevoli furono condannati. Sebbene si tratti di una fonte storica risalente ormai a più di due secoli fa, è possibile capire come una semplice fake news abbia causato una confusione così grande da mandare in arresto la borsa valori inglese più importante.
Un caso di fake news più recente è sicuramente quello del discorso di Colin Powell al Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 2003. L’allora Segretario di Stato del Presidente George W. Bush mostrò alla platea una presunta fiala di antrace, rivelando di essere in possesso di informazioni sicure su programmi di proliferazione chimica e batteriologica del regime iracheno. La fonte di Powell si rivelò essere un ingegnere chimico iracheno, che anni dopo ammise di essersi inventato tutto.
La situazione non fa che degenerare di anno in anno, tanto che l’anno 2017 è stato un anno da “record” in materia di fake news, alcune delle quali riguardanti anche personaggi di un certo rilievo e temi di strettissima attualità. Un primo esempio riguarda l’attuale Presidente americano, Donald Trump. Il presidente, dopo essersi attribuito la paternità del termine «fake news», ha continuato a utilizzarlo contro la stampa ritenuta ostile. Ma lo stesso Trump si è trovato coinvolto nella diffusione di “bufale”. In particolare ha ritwittato tre video anti-islamici postati da una esponente dell’estrema destra britannica. Quello intitolato «Un migrante musulmano picchia un ragazzo olandese sulle stampelle» è stato subito bollato come falso dalle autorità e della polizia del Paese: l’aggressore è nato e risiede in Olanda, mentre non si hanno informazioni sulla sua fede religiosa. Ma il Presidente Trump a inizio 2017 è stato protagonista di un altro episodio molto particolare, a metà strada tra fake news e “gaffe clamorosa”. Mentre parlava di sicurezza e confini nazionali, durante un comizio in Florida, ha fatto riferimento a un attentato in Svezia di pochi giorni prima, in realtà mai accaduto. Alcuni hanno pensato che si fosse confuso con un attacco suicida a Sehwan, in Pakistan, effettivamente avvenuto il venerdì precedente. Il tutto si è concluso con un forte imbarazzo da parte delle autorità svedesi che hanno dovuto smentire il Presidente Usa e una grande ironia sul web.
Sono stati individuati sette modi per fare disinformazione:
Le principali sicuramente sono: propaganda, profitto, influenza politica, interesse particolare, faziosità, cattivo giornalismo, parodia.
Dopo questa premessa occorre evidenziare quali possono essere i canali principali di diffusioni delle fake news:
Per evitare di incidere anche non volutamente al processo di disinformazione precedentemente descritto, conviene prendere una serie di precauzioni. Innanzitutto consultare e confrontare più fonti di informazione, non riducendosi ad un’unica fonte. Di conseguenza condividere una notizia solo dopo averla verificata, e assolutamente non farlo di getto. Nell’eventualità in cui venga condiviso un contenuto poi risultato falso, cercare di correggerlo velocemente. La raccomandazione più importante da fare al lettore, però, è sicuramente quella di porsi nei confronti dell’informazione sempre con atteggiamento scettico e pensiero critico. Ognuno ha una sua mente pensante, e il primo rimedio al fenomeno delle fake news è l’utente stesso.
Nei nostri precedenti articoli abbiamo anche parlato di Netiquette, del Perché è importante avere un sito web, delle tecniche del SEO, Social Media Marketing, di 7 consigli indispensabili per la crescita della tua attivita’ e di Linkedin per le aziende.